Storia di San Pietro di Morubio

Origini

Descrizione

Nel 1184 certo Gisalberto, notaio dell’imperatore Federico I di Svevia (Barbarossa per gli italiani, il Grande per i tedeschi), di San Pietro di Morubio (all’epoca denominato Moriuolo, Marubio, Morugio, Morugiolo) non fa cenni come una delle ville che“ ex antiquo distinguebantur” (che dalla antichità si distinguevano) come una delle località di una certa rilevanza strategica o politica; e così dicasi per Bonavicina, all’epoca chiamata “Malavicina”.

I nostri centri dai secoli che vanno dal XII (1100) al XV(1400) vennero retti da casate nobiliari, quasi sempre legate al carro della politica prevalente in quel momento. E’ il caso di Bonavicina ove godevano un certo prestigio i Dal Verme, nobili assai noti nella Bassa veronese, e che a Sanguinetto risiedevano nel loro castello (ancora esistente) in vaie stagioni dell’anno. A mezzo di matrimoni estesero il oro patrimoni terrieri come a Malavicina e a Borgo; e di queste parrocchie godevano il diritto dello “ius patronatus”: essi infatti (come pure i nobili successori a loro subentranti), quando veniva a cessare il parroco, proponevano al vescovo una terna di nomi, sui quali il presule faceva la sua scelta.

Alla signoria dei Dal Verme, e sempre nelle stesse zone, succedettero i Visconti e poi gli Scaligeri per finire con la repubblica di Venezia i cui rappresentanti furono i Loredan che presero dimora in quella residenza di stile parzialmente gotico, oggi proprietà Pasti, che si trova difronte alla chiesa di Borgo.

In seguito a Malavicina lo ius patronatus divenne privilegio dei Broilo e nel 1722 degli Emilei. A quell’epoca le parrocchie di Bonavicina e di San Pietro di Morubio erano dipendenti, la prima di Cerea, la seconda di Roverchiara; e non si trattava solo di un legame pastorale e culturale, ma pure economico.

Le succitate parrocchie assieme a Borgo sorsero tra il 1555 e il 1556, vale a dire durante il Concilio di Trento la cui eco non fu avvertita dalla popolazione, e solo sporadicamente da qualche esponente del clero delle nostre zone.

La repubblica veneta tra la fine del sec XVI e l’ inizio del XVII ebbe ad affrontare un profondo contrasto con la curia romana per via di alcuni diritti di navigazione sul Po che la Serenissima vantava; Ia controversia si inasprì ulteriormente allorché il governo veneto con il nuovo piano regolatore prevedeva l’abbattimento di taluni edifici sacri obsoleti e trasferiva alcuni gli ordini religiosi, che ormai avevano esaurito la loro funzione, in terraferma: e tutto ciò per far posto ad altre necessarie strutture. Da una parte il pontefice Paolo V Borghese(1605-1621), strenuo difensore dei diritti della Chiesa. Dall’altra il religioso servita Paolo Sarpi (1552-1629), teologo della repubblica veneta e di questa acerrimo tutore. La contesa si risolse per l’intervento di Enrico IV, re di Francia, che temeva la troppa ingerenza della politica spagnola nella penisola. Nella fase più acuta la Curia romana lanciò l’”Interdetto”: un provvedimento che, oltre ai danni religiosi (come la cessazione dell’amministrazione dei sacramenti e altro), comportava danni economici, per cui i crediti , che la Serenissima vantava da terzi, potevano essere elusi.

Ma dagli archivi parrocchiali della nostra zona si rileva che i sacerdoti e i vescovi dell’epoca non ottemperarono alle ingiunzioni di Roma; anzi in qualche ambiente si era propensi quasi ad aderire al luteranesimo. Tutto rientrò, una volta arrivati all’accordo.

Nel corso del secolo XVII (1600) le nostre contrade arrivarono a uno sviluppo economico, soprattutto in agricoltura, di rilievo: vennero dissodati parecchi terreni dagli acquitrini e l’acqua incanalata in corsi confluenti in altri più grandi. E’ il caso del Lavigno e del Canossin a S. Pietro di Morubio: il primo sfociando nella Nichesola, il secondo nello scolo Canossa. A Bonavicina la Fossa del Vescovo fu fatta defluire, come il Dugal, nello stesso scolo.

I proprietari del tempo, i Troiani-Alcenago, i Dionisi, i due fuochi dei nobili Verità, i Guastaverza e i Rubiani a San Pietro di Morubio; a Bonavicina gli Emilei, i Broilo, i Franco furono gli artefici, favoriti dalla politica di incentivazione della Repubblica, della trasformazione delle aziende agricole con prodotti come il riso, la frutta, l’allevamento, aperti al mercato interno e anche esterno.

Tuttavia il 1600 soffrì la contestazione religiosa, trasferitasi in guerre per interessi politici e economici che nulla avevano a che fare con i vari credi. Un esempio per tutti la guerra dei trent’anni (1618-1648) con tante vittime in tutta Europa. Da un lato gli Asburgo di Spagna e d’Austria (Impero), dall’altra i paesi protestanti più la Francia la quale non esitò più volte a ricorrere all’aiuto dei Turchi.

Nella seconda metà dello stesso secolo la politica egemonica di Luigi XIV di Francia produsse altre guerre e distruzioni che si protrassero sino ai primi decenni del 1700.

Per fortuna la saggia politica di Venezia agì in modo da non esserne coinvolta, per cui nei nostri paesi (così almeno si rileva dai documenti) non si avverte quanto stava avvenendo nel resto dell’Europa.

Il secolo XVII, accanto alle contese storico-politiche a sfondo religioso, fu pure il periodo durante il quale la filosofia in congiunzione con la scienza venne a turbare profondamente la tradizione dogmatica sulla quale la dottrina cristiana aveva definito il suo impianto. Di qui la crisi da parte di spiriti religiosi nell’intento di salvaguardare le nuove scoperte e le innovazioni del pensiero filosofico; e nel contempo la loro fede. Togliere le incrostazioni solidificatesi nel corso dei secoli non era senz’altro facile: grandi e oneste figure di prelati temevano che ne venisse a soffrire la fede. E dopo l’uragano dello scisma protestante, che aveva staccato varie zone d’Europa dalla Chiesa cattolica, si possono ben comprendere i timori di quanti rivestivano responsabilità pastorali. Così si spiega il contrasto della gerarchia nei confronti di Galilei e di Cartesio , del giansenismo e dei suoi esponenti più in vista come B. Pascal. Le loro teorie potevano mettere in discussione non pochi aspetti dell’insegnamento religioso tradizionale. Tuttavia papa Urbano VIII Barberini (1623-1644) e i suoi immediati successori non erano più intenzionati a ripetere la triste esperienza della condanna inflitta a Giordano Bruno nel 1600 dall’Inquisizione.

Di tali diatribe negli archivi delle nostre parrocchie non si trova traccia. Invece in quest’epoca andò intensificandosi la pratica del Rosario, dopo che fu dichiarata da Pio V(1566-1572) preghiera ufficiale della chiesa dopo la vittoria della coalizione cristiana a Lepanto nel 1571 contro i Turchi. Contemporaneamente essa incontrò il sostegno da parte di santa Teresa d’Avila (1515-1582), riformatrice dell’ordine carmelitano femminile e autrice dell’opera “ Il Castello interiore”. Il suo ruolo nella chiesa postconciliare fu enorme, tanto che Paolo VI (1963-1978) dopo tre secoli la dichiarò dottore della chiesa.

Alla recita del rosario in ogni parrocchia, e quindi anche a San Pietro di Morubio, Bonavicina e Borgo, fu dedicato il mese di ottobre; in seguito anche quello di maggio. Nelle nostre chiese fu innalzato un altare alla Vergine: nel capoluogo avvenne nel 1611 ad opera del parroco Campione Pianora con il sostegno economico dei nobili Troiani-Alcenago, come ricorda un epitaffio accanto allo stesso altare.

Grande il fervore religioso di quell’epoca; e altrettanto grande la statura dei santi del tempo: S. Gaetano da Thiene, S.Luigi Gonzaga ( posto su un altare a Bonavicina), S. Carlo Borromeo (un suo dipinto figura nella chiesa di Borgo).

Un secolo quindi il XVII di profonda religiosità: è l’epoca dei grandi pellegrinaggi e di nuove pratiche di pietà, come la venerazione del Sacro Cuore di Gesù, promossa da Santa Maria Alacoque. Il nuovo stile architettonico sacro, il barocco, dai colori preminenti del giallo e del brunato, stava ad indicare la gloria dovuta a Dio e la necessità della penitenza per meritare la salvezza eterna

L’avvento del secolo XVIII (1700) segnò una nuova sistemazione dell’Europa causa l’influenza coloniale verso i nuovi continenti . Le nazioni emergenti furono l’Inghilterra, la Francia e l’Olanda; in netta flessione Spagna e Portogallo. Anche l’economia subì rilevanti mutamenti. Nella nostra zona, oltre all’allevamento del baco da seta, in vigore già nel secolo precedente, si diede inizio alla coltura del granoturco e della patata: essi davano raccolti più abbondanti dei tradizionali e quindi in grado di soddisfare meglio l’alimentazione, soprattutto delle masse.

Tuttavia la povertà in quei tempi era grande; e per questo sorsero varie confraternite di carità: a Borgo quella del S.S.Corporis Christi e altrove le conferenze di S. Vincenzo.

I signori terrieri dell’epoca, tra i quali gli Emilei, i Pasti, i Guarienti, i Guastaverza ammordenarono le fattorie e, oltre ai prodotti citati, venivano coltivati ortaggi e frutta. Talune contrade, ancor oggi, vengono chiamate Orti e Bel Brolo

A seguito delle conseguenze positive e negative della Rivoluzione Francese, della Restaurazione: assieme alla fine della Repubblica Veneta, venduta all’Austria da Napoleone con il trattato di Campoformio (1797) e delle “Pasque Veronesi” ( la rivolta della popolazione veronese contro le truppe francesi),nei nostri comuni molti giovani furono chiamati sotto le armi obbligatoriamente; e parecchi andarono a morire nei campi di battaglia d’Europa. E’ quanto si rileva dai registri parrocchiali.

Intanto il processo di innovazione proseguì: in questa età (il secolo XIX) apparvero nuove colture come la barbabietola da zucchero: una rapa dai francesi geneticamente modificata per far sì che essa possa offrire un tasso di sostanza zuccherina più alto; di qui l’industria zuccheriera; quindi la coltura del ricino, che oltre a fornire un lassativo terapeutico, veniva usato come lubrificante negli attrezzi e nei mezzi di trasporto, soprattutto nelle ferrovie. A San Pietro di Morubio e a Bonavicina sorsero oleifici e tabacchifici. Questi ultimi per la lavorazione del tabacco, una coltura importata dall’Italia centrale.

Gli imprenditori all’avanguardia in questi settori furono i Gobetti, i Pasti, i Mercati, i Pagliarini, i Menini, i Bottura, i Poli-Lia, i Beltrame ed altri ancora.

Dopo l’unità dell’Italia nel 1861, a cominciare dalla fine dell’800 e lungo la prima metà del secolo XX si assiste a un notevole sviluppo edilizio, data l’espansione della rivoluzione industriale nel nostro paese, a sua volta conseguenza di un sempre più forte urbanesimo. Donde l’espansione edilizia e il sorgere dell’industria dei laterizi. A San Pietro di Morubio le famiglie Detogni Aurelio, Antonio e Pietro ne sono stati i pionieri. Nonostante ciò molti lavoratori faticavano a trovare occupazione, per cui molte persone emigravano all’estero temporaneamente o stabilmente. Le mete erano il Brasile, l’Argentina, l’Australia, il Canada, la Germania, la Francia e la Svizzera. Tale flusso subì una pausa durante le due guerre mondiali. Poi dagli anni ’50 del secolo XX gruppi famigliari emigrarono nelle zone di Milano, Torino, Genova, Verona. Nel frattempo nel nostro territorio comunale come a Bonavicina e Borgo sorsero piccole e medie aziende artigiane per la lavorazione del mobile d’arte e del ferro battuto; e a San Pietro di Morubio un’industria di concimi naturali.

Ultimo aggiornamento: 08/03/2024, 15:03

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito? 1/2
Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?1/2
Vuoi aggiungere altri dettagli? 2/2
Inserire massimo 200 caratteri